Perché la donna non va via?
Le esperienze infantili
La violenza, sia per chi agisce ma anche per chi la subisce, è un fenomeno che trova le sue radici nelle esperienze dell’infanzia. Per tale motivo viene vissuta come una cosa ammissibile. Entra nel mondo interno della persona come modello ingiusto e doloroso, ma allo stesso tempo come modello ammissibile e consueto, un modello di relazione con l’altro difficile da modificare. Questa visione impedisce spesso alle donne di chiedere aiuto. La violenza, in questi casi, rientra in un modello già vissuto in passato e risperimentato nel presente. Nelle situazioni in cui la violenza è un modello che viene replicato, la donna si sente spesso in colpa, come in passato quando veniva punita. Si sente responsabile dell’accaduto e anche per questo non denuncia il partner.
L’ambiguità
Nella relazione tra il maltrattante e la donna che subisce, proprio in virtù del fatto che la violenza domestica avviene in una relazione affettiva e familiare, la donna si trova dentro ad una situazione ambigua. Il piano dell’abuso e quello affettivo si confondono e in cui essa sperimenta una confusione tra quello che sente come giusto, e quello che le impone il maltrattante e che lei fa suo per sopravvivere “forse sono io che sbaglio, ha ragione lui”.
Ambiguità (intesa come «uno stato di confusione e disorientamento e in particolare assenza di conflitto interno») e vergogna, sono caratteristiche presenti nella violenza sulle donne, anche se a volte la vergogna, che è legata alla consapevolezza dell’ abuso subito, interviene solo quando tale consapevolezza riesce a farsi strada.
La vergogna
All’inizio la vergogna, spesso, viene trasmessa come paura di «fare brutta figura» all’esterno. Paura di non corrispondere all’idea di coppia ideale. In seguito tale paura può essere riferita alla percezione della compresenza di due immagini contrastanti di sé e della relazione. La donna perde piano piano la capacità di leggere in modo corretto il suo rapporto con il partner, ma soprattutto, in questa confusione, perde la percezione di sé come persona capace di leggere e fronteggiare le situazioni.
Le donne vittime di violenza domestica custodiscono di solito il segreto di quello che succede nelle loro case anche per paura che il loro racconto possa non essere creduto o non essere accolto. Altre temano che venga minimizzato e banalizzato proprio da quelle persone che dovrebbero costituire la loro rete sociale e affettiva di supporto.
Le conseguenze della violenza domestica
Le principali conseguenze della spirale della violenza sulla donna sono:
- il senso di colpa per sé e per i figli
- il senso della solitudine e dell’isolamento culturale e sociale in cui è indotta a vivere costretta dal partner o per vergogna.
- la vergogna di mostrare all’esterno la sua debolezza
- il senso della dipendenza dall’uomo e di impotenza,
- il senso di umiliazione e la disistima di sé,
- il sentire di doversi sottomettere a causa della continua minaccia di violenza,
- il senso di annullamento totale di lei come persona, come frutto del meccanismo di annullamento che compie l’uomo per poterla sottomettere, l’assenza di speranza.
Il lavoro dei Centri antiviolenza
Lavorare con la persona che ha subito abuso significa riportare la donna al piano di realtà. Quello che lei realmente può fare in quel momento, spostando l’obiettivo su passi piccoli e realizzabili su progetti minimi ma concreti. E’ fondamentale aiutare la donna a superare il denso di impotenza focalizzandosi su piccoli successi che possano far crescere l’autostima.
Molto spesso quando le donne riescono a lavorare sul maltrattamento, sono anche in grado di far chiarezza su alcuni meccanismi che impediscono loro di rompere il rapporto, come quello di «ricucire» ogni eventuale possibile lacerazione del tessuto relazionale.