Femminicidio e identità maschile

Femminicidio e identità maschile

Purtroppo le pagine di cronaca riportano quasi quotidianamente alla ribalta casi di femminicidio. I programmi televisivi, i giornali e i telegiornali cercano di rispondere a quesiti quali: com’è potuto accadere? Cosa si può fare per interrompere la spirale di violenza? A tale proposito vorrei porre l’accento su un fenomeno sempre più dilagante: la crisi dell’identità maschile.

L’identità maschile e le sue criticità

Negli ultimi decenni sta emergendo una criticità importante che riguarda proprio il senso di identità maschile. Per capirne i motivi occorre tornare indietro, all’infanzia di questi ragazzi.

Sin dall’infanzia, infatti, si fa strada, mano a mano, una ricerca dell’identità basata sul successo sociale, sul possesso di un ruolo, di uno status sociale. La fragilità è bandita e considerata sinonimo di vergogna e insuccesso. Anche in passato ai figli maschi veniva trasmesso questo concetto, ma in termini differenti. In passato al maschio veniva insegnato ad essere forte e mostrarsi forte, ma questi tratti non erano per forza connessi al possesso/successo.

Nella società di oggi, invece, il bisogno degli adolescenti di autoaffermazione e di “essere visti” è passato, per molti ragazzi, da una necessità tipica dell’età a un’urgenza pervasiva, un obbligo autoimposto, amplificato e condizionato nella sua espressione dai social network. 

Supereroi fragili, sono questo gli adolescenti di oggi, perché in loro coesistono due tratti forti: l’onnipotenza, l’invincibilità, la conquista, e dall’altro la fragilità del “non ancora” (autonomi, adulti, ecc…). Un’ambivalenza caratteristica dell’adolescenza da sempre, è vero, ma adesso queste caratteristiche sono enfatizzate dalle maggiori possibilità: il concetto del successo a tutti i costi, le nuove tecnologie, la maggiore disponibilità economica, l’uso dei social e così via.

Ci troviamo di fronte a ragazzi fragilissimi che, però, “vendono” agli amici e sui social una facciata patinata, dove forza, successo, possesso e potere sembrano gli ingredienti indispensabili. Perché ripresi dai modelli che questi stessi ragazzi seguono sui social. Ragazzi che però non hanno le basi emotive per sostenere quest’impalcatura così schiacciante! Ragazzi non abituati alle frustrazioni che, appena ne assaporano una, si sentono devastati perché dilaga sempre di più il concetto “tutto o niente”! L’unica salvezza sembra quella di aderire forzatamente al modello che si sono costruiti, pena lo sgretolamento di “tutto il castello”, dell’intera identità, la vergogna e il timore della gogna sociale.

Femminicidio e identità

Sempre più spesso il senso di identità personale viene costruito intorno ad un concetto: il possesso! Possesso di uno status sociale, di un ruolo, del successo e purtroppo, ormai sempre di più, anche possesso di una persona.

Quando la relazione con questa persona si sgretola ecco che il ragazzo o l’uomo sentono un profondo senso di angoscia perchè il perno sul quale hanno costruito la loro identità rischia di andare in frantumi! La vergogna legata all’insuccesso sentimentale, la paura di perdere un’identità di fronte agli altri, l’idea della ferita narcisistica insopportabile e l’incapacità di reggere la frustrazione si uniscono provocando una sorta di deflagrazione emotiva! Da lì i pensieri ricorrenti riguardo al timore della perdita, la nascita dell’odio per colei che non si piega a ricambiare l’amore. Questi pensieri crescono fino a formare una valanga che termina purtroppo in gesti dettati dall’odio, misto a paura e angoscia!

Prevenzione fatta nelle famiglie

La prima prevenzione, secondo me, dovrebbe essere rivolta ai genitori. Dovrebbero essere istituiti incontri per aiutare i genitori a trasmettere ai figli dei messaggi meno fuorvianti. I genitori vanno aiutati a ritrovare il loro ruolo educativo, sorretti nel difficile compito di sostenere i ragazzi nella crescita, informati riguardo ai cambiamenti nell’adolescenza di oggi.

Colpa e paura del conflitto

Sempre di più si sta facendo strada un modello educativo inadeguato: quello di evitare ai figli fatiche e frustrazioni. Quello del concedere per evitare il conflitto o per senso di colpa rispetto alla poco presenza in famiglia. L’evitamento del conflitto comporta spesso concessioni eccessive e offusca il ruolo genitoriale stesso, comportando una confusione nei ruoli familiari. Sempre più spesso i figli considerano i genitori essere al loro livello o, addirittura, assenti: quindi persone facili da “gestire” e raggirare.

I genitori dal canto loro sono smarriti. Spesso in preda a forti sensi di colpa quando ravvedono nel figlio frustrazione a causa di una loro limitazione, che, spesso, viene tolta proprio per interrompere questo avvilimento che ne consegue da parte di entrambi. I genitori sono sempre più orientati a fare da spazzaneve, cioè evitare ai figli qualsiasi delusione o fatica. Genitori iper presenti nei compiti, iper disponibili ad adeguarsi alle esigenze dei figli, rassegnati all’uso spasmodico dei social da parte dei loro ragazzi. Genitori in crisi di identità quanto i loro figli!

Farsi carico di tutto per evitare che i figli sperimentino delle frustrazioni è sbagliato, perché poi, quando i ragazzi le vivono, le considerano intollerabili proprio per la mancanza di “allenamento” rispetto ad esse.

Educazione e femminicidio

Cosa c’entra tutto questo con la violenza nei con fronti delle donne? A mio parere molto! Si tratta spesso di famiglie in cui i genitori, per amore e paura, nascondono e giustificano certe “note caratteriali” dei loro figli. Questa omertà poi però condanna i figli ad una solitudine emotiva importante: i ragazzi sentono che anche i genitori non li conoscono bene e non comprendono cosa veramente li destabilizza. L’omertà, inoltre, rafforza l’idea di sostenere la bella facciata pur di non far trapelare le fragilità. Da quì il pensiero che fragilità è sinonimo di vergogna. Quando un ragazzo viene lasciato dalla ragazza è spesso questa vergogna ad essere vissuta come intollerabile, un’onta per l’dentità perfetta venduta agli altri.

Molto spesso i genitori di ragazzi per così dire “caratteriali” li difendono e proteggono. Il continuo giustificare degli atteggiamenti e dei pensieri di questi ragazzi porta spesso queste famiglie a non prendere in considerazione un percorso psicoterapico per i loro figli. Porta nel tempo questi genitori a credere ad una bugia che loro stessi si raccontano: che il loro è un bravo ragazzo, e che alcuni atteggiamenti mostrati lungo la crescita sono stati dettati dal caso o dagli altri.

I genitori vanno aiutati a ritrovare il coraggio di riappropriarsi del loro ruolo educativo, la capacità di saper dire di no senza sviluppare sensi di colpa e la capacità di tollerare il conflitto. I genitori devono essere informati su quanto è importante educare i propri figli alla diversità, alla differenziazione e al tollerare le frustrazioni. Devono essere aiutati a trasmettere ai figli quanto sia sbagliato accomunare il concetto “tutto/niente” ad un funzionamento “on/off”: Tutto/Niente non sono le uniche possibilità, non sono solo due poli. Sono i poli di un continuum immaginario fatto di tante sfumature. Un continuum con tante possibilità di “movimento” tra i due poli. Gli adolescenti vanno educati a individuare le sfumature. Le sfumature sono importanti perché è proprio tra esse che cresce l’unicità di ciascuno di noi!!

Prevenzione nelle scuole

Una prevenzione importante va fatta nelle scuole. Dovrebbero essere inserite lezioni riguardanti l’affettività e il senso dell’identità. Lezioni che aiutino i ragazzi a riconoscere le proprie emozioni e soprattutto ad acquisire strumenti per gestirle. Lezioni che si focalizzino anche su come la frustrazione nella vita è inevitabile ma anche educativa. Su come gestirla senza sentirsi sopraffatti. Lezioni su come aderire ad un’identità più vera e non a quella patinata costruita per ottenere il successo sociale. Sul valore della diversità e della differenziazione.

Lezioni fatte in ciascuna classe e non proposte in un’assemblea di istituto che spesso è sinonimo di disattenzione e confusione.

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Dr.ssa Cinzia Frontoni

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