PSICOLOGIA E ALIMENTAZIONE: QUANTO SONO LEGATE TRA LORO?

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Psicologia e alimentazione sono legate tra loro? Per quanto riguarda il cibo le cose sembrerebbero facili e scontate. Mangiamo per sopravvivere, come tanti altri esseri viventi.  A differenza di altre specie, però, sembrerebbe che le cose non siano proprio così. Il cibo per noi è importante, certo. Garantisce la soddisfazione del bisogno di nutrizione, ma lo utilizziamo per tante altre cose. Questa è la vera differenza tra noi e il mondo animale. Dedichiamo al cibo molta più attenzione di quanto dovremmo e lo colleghiamo a tanti altri contesti. Mangiamo per festeggiare e mangiamo per “stare in compagnia”.

Mangiare è un processo psicologico

Mangiare è un processo psicologico, influenzato dalle norme esplicite ed implicite fornite dal contesto sociale in cui viviamo, e dai nostri atteggiamenti nei confronti del cibo. Può fornire informazioni su alcuni aspetti dell’identità della persona, ma anche agire come strumento di comunicazione di bisogni, conflitti ed espressione di Sé.

La maggior parte degli eventi sociali sono collegati al cibo e diamo al cibo un ruolo centrale nella nostra esistenza umana al punto che lo utilizziamo anche per placare delle emozioni che non riusciamo a tollerare.

Così è facile che si mangi anche per noia, rabbia, solitudine e tristezza. E’ evidente che tutto questo ci porti a mangiare più di quello che dovremmo. Il complesso ruolo sociale e psicologico che abbiamo associato all’alimentazione ha reso difficile distinguerla dalla sua importanza biologica. Chiaramente, se mangiamo popcorn al cinema o quando ci annoiamo non siamo spinti da un bisogno biologico né da una “fame fisica”. Quando questo avviene, quando mangiamo non per fame fisica, ma per tutti gli altri stimoli, il nostro corpo ingrassa. Ci facciamo delle domande e, tra quelle più frequenti, ci chiediamo:

“perché non riesco a raggiungere il peso che desidero? Come mai è cosi difficile per me perdere peso? Perché mi sembra di non riuscire a controllare la mia alimentazione ed a seguire una dieta? Per quale motivo faccio quello che non dovrei fare? (mangiare cibi che non posso?)

Il valore simbolico del cibo

Il comportamento alimentare si distingue per l’elevato valore simbolico, che non si esaurisce nella sua funzione nutrizionale ma può essere considerato come atto di comunicazione e di espressione di Sé. In particolare, in alcuni studi di psicologia sociale, è emerso come gli individui tendano a giudicare gli altri sulla base della loro alimentazione. Sugli alimenti scelti, o che suppongono mangino. In effetti è stato dimostrato che spesso tendiamo a scegliere un cibo per comunicare qualcosa di noi stessi.

A volte le difficoltà incontrate hanno come svantaggio solamente  una questione estetica (vorrei avere un aspetto fisico diverso o un peso corporeo inferiore, un corpo più magro). In altri casi, le cose sono più complesse e le conseguenze, per non essere riusciti a controllare quanto e cosa mangiare, più dannose. E’ il caso di persone che devono assolutamente seguire una dieta di “esclusione” (vedi la malattia celiaca) oppure di persone obese che, a seguito di un intervento chirurgico, devono comunque cambiare la loro alimentazione.

Se si accosta la psicologia al cibo risulta immediata l’associazione ai disturbi del comportamento alimentare, quali anoressia o bulimia, allo stato di malattia dunque. In realtà la scienza psicologica può aiutarci anche a comprendere i meccanismi alla base delle scelte alimentari quotidiane, non patologiche considerando che il benessere psicologico passa anche da un’alimentazione sana ed equilibrata.

Le diete

Una cattiva dieta (dovuta all’ingestione di pochi, eccessivi o sbagliati alimenti) può infatti dar vita a spossatezza fisica, diminuzione delle prestazioni cognitive e problemi psicologici quali tensione e labilità emotiva, ansia, umore altalenante, nervosismo, apatia, suscettibilità o alterazioni del sonno. Un corpo che porta i segni di un’errata alimentazione si collega spesso a emozioni negative verso se stessi e gli altri. Un abuso nel consumo di zuccheri genera apatia, sonnolenza, spossatezza e rallentamento cognitivo mentre un consumo equilibrato di questa potente fonte di energia può aiutare a mantenere il benessere e la reattività mentale e fisiologica.

Esistono alimenti capaci di far bene all’umore (alcune vitamine ad esempio), contribuendo ad allontanare ansia e stress mentre altri provocano l’effetto opposto se assunti in quantità eccessive. Alcol, caffè, tè e zucchero bianco vedono la presenza di principi psicoattivi che portano a una disregolazione della normale attività del sistema neuropsicologico.

Che cibo e benessere vadano a braccetto lo dimostra il fatto che la dieta mediterranea sia patrimonio dell’Unesco. L’applicazione pratica la riscontriamo ogni volta che usciamo da una giornata stressante e non vediamo l’ora di sederci a tavola e concederci qualche leccornia, fonte di immediato benessere e spensieratezza.

Un discorso a parte è quello dei “Disturbi dell’Alimentazione e della nutrizione”, nei quali la “normale dieta” si trasforma in un’ossessione portata avanti con successo (anoressia), con alternanza (bulimia) o con totale in successo (disturbo di abbuffata compulsivo). In questi casi, più complessi, ci troviamo di fronte a veri e propri disturbi, ma sempre collegati alla cattiva gestione del cibo, con conseguenze evidenti sul peso corporeo.

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Dr.ssa Cinzia Frontoni

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