LA SOLITUDINE DELLE MADRI: COME AFFRONTARLA

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“Occuparsi di neonati e bambini non è un lavoro per una persona singola” ( J. Bowlby. “Una base sicura”. Cortina, Milano, 1989). Accade, invece, che la mamma venga spesso lasciata da sola a gestire il bambino e che la società non la sostenga né da un punto di vista economico, né con servizi che possano in qualche modo alleviare la sua solitudine nei primissimi anni di vita de bambino. Ecco perchè la solitudine delle madri è un problema diffuso ma poco trattato.

A volte anche alcune frasi dette da familiari o amici possono far sentire le mamme sole, incomprese e, soprattutto, incapaci. Frasi del tipo: “Ci siamo passate tutte”, “Non pensarci, passerà”, “Devi fare così….fai questo, fai quello…”, “E io allora che ne ho cresciuti tre che dovrei dire?”, “Lo hai desiderato tanto e adesso ti lamenti?”, ecc..

La solitudine delle madri

Si parla poco o per nulla di quanto sia naturale sentirsi stanche e sole.

Oggi si parla tanto di preparazione al parto, di corsi, di visite ginecologiche di controllo, con una medicalizzazione a volte spinta all’eccesso e non si spendono abbastanza parole, invece, sul post parto, sui primi mesi della gestione del bambino e delle tante emozioni che la mamma prova al riguardo. Si parla poco o per nulla di quanto sia naturale sentirsi stanche e anche arrabbiate verso il proprio bambino e di come queste emozioni si mescolino indissolubilmente allo sconfinato amore che si prova nei suoi confronti. Non ci sono luoghi di ritrovo dove le mamme possano confrontarsi sulle difficoltà, sui sensi di colpa, la paura di sbagliare, di non essere all’altezza e su tante altre emozioni.

Nelle pubblicità le neo mamme sono sempre sorridenti e impeccabili, quando si sa benissimo che passeranno mesi prima che la mamma possa avere del tempo per prendersi cura di se e ritrovare un equilibrio interiore. Confrontarsi con quei modelli è a dir poco svilente: la neo mamma sente di essere inadeguata, ha paura di essere l’unica a provare sentimenti ambivalenti verso il bambino e il suo nuovo ruolo. Oggi purtroppo si parla troppo poco della grande solitudine nella coppia mamma-bambino e invece sarebbe utile farlo per prevenire tanti disagi.

Un nuovo equilibrio

Quando una giovane donna ha un bambino viene completamente interrotta la continuità precedente, deve essere riformulato un equilibrio nuovo, piano piano, giorno dopo giorno. Inoltre, la donna vive una regressione naturale che la porta quasi ad essere bambina e questo le permette di entrare meglio in sintonia con i bisogni di un bambino piccolo. Questo è l’aspetto positivo. Il rovescio della medaglia è che la mamma diventa fragile come una bambina, si sente sola e inadeguata. E’ per questo che ha bisogno di un grosso sostegno. Un sostegno che deve essere dato alla coppia mamma-bambino, anche nell’ottica della prevenzione o dell’attenuazione del disagio psicologico di entrambi.

E’ importante far passare il messaggio che, se si vuole che la persona che primariamente si occupa del bambino non sia troppo esausta e che il bambino cresca serenamente, chi fornisce le cure deve a sua volta ricevere molta assistenza.
Nel mio lavoro mi capita spesso di notare come le mamme non chiedano aiuto facilmente e come questo porti,nel tempo, a problematiche psicologiche, sia nella donna che nel bambino. Spesso, come diceva Racamier, è lo stesso bambino a portare i genitori in consultazione psicologica. Il bambino, sviluppando un sintomo che, guarda caso, è spesso legato al malessere familiare, porta così i genitori in consultazione, perché in qualche modo l’intera famiglia possa arrivare a stare meglio. È emblematico l’esempio del bambino iperattivo che reagisce con l’iperattività ad un momento depressivo della mamma. In realtà il problema è della mamma ed è lei soprattutto che deve essere aiutata. Anche nel caso di altri sintomi che portano i bambini a manifestare un disagio, una volta che si lavora su questo disagio in genere migliora anche la qualità di vita dell’intera famiglia.

Attivare un maggior numeri di servizi dedicati alle neo mamme permetterebbe di lavorare sulla prevenzione e non sempre solo sul sintomo!

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Dr.ssa Cinzia Frontoni

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