ANSIA SOCIALE: COME RICONOSCERLA E CURARLA

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  ANSIA SOCIALE: COME RICONOSCERLA E CURARLA. “Cosa s’intende per ansia sociale?” Tutti noi possiamo sentirci, talvolta, in imbarazzo in certe situazioni sociali, ad esempio incontrando persone che non conosciamo o parlando in pubblico (al lavoro, a scuola…), ma questa emozione passa nel giro di poco. Quando si ha un problema di ansia sociale, invece, si prova ansia costantemente nelle situazioni sociali, non tende a diminuire. Si tratta di una sofferenza soggettiva, associata ad attivazione fisiologica (tremori, rossore, tachicardia, dispnea…), e dal forte e persistente timore e di una situazione sociale, prevista o da affrontare.

La paura degli altri è il nucleo centrale della problematica. Da una parte la persona ha il desiderio di dare una buona immagine di sé, dall’altra tale scopo si accompagna ad un autovalutazione personale negativa. Ciò porta a sviluppare la credenza di suscitare una cattiva impressione negli altri, a temere di agire in maniera inadeguata e inaccettabile, e pensare che il suo comportamento avrà conseguenze drammatiche (rifiuto sociale)! Tutte queste credenze, attiveranno a loro volta a livello corporeo i sintomi dell’ansia. Tali sintomi diventeranno oggetto di preoccupazione: temo i sintomi d’ansia, perché gli altri potrebbero per questo giudicarmi negativamente“.

Cos’è l’ansia?

L’ansia è un’emozione che rappresenta uno stato di attivazione a livello corporeo e comportamentale che emerge quando ti trovi a vivere uno stato di pericolo, minaccia, difficoltà. Quest’emozione ci è stata utile affinché la nostra specie sopravvivesse nei secoli, e ancora oggi è utile, infatti un adeguato livello di ansia (è soggettivo) ci permette di avere delle prestazioni migliori. L’ansia diviene negativa solo quando la sua intensità e la sua durata divengono elevate a tal punto da compromettere la prestazione che devi svolgere o la situazione che devi affrontare.

La persona con ansia sociale teme l’ansia (la giudica negativamente), poiché ritiene che questa sia un ostacolo per raggiungere quello che per lui è lo standard della prestazione sociale (sempre molto elevato). L’ansia viene vista come interferenza sul controllo dei movimenti, sulla fluidità del linguaggio (balbettare) e sulla memoria (incapacità di ricordare).

Un’altra emozione è molto presente se si soffre di ansia sociale: la vergogna. “Perchè?” La vergogna emerge quando la persona valuta se stessa come inadeguata. Temere l’ansia e/o la vergogna, giudicarla/e negativamente porta a giudicare negativamente anche se stessi! Emergeranno pensieri negativi: “sono debole”, “sono inferiore”, “sono stupido”, “sono ridicolo”.

La persona con ansia sociale, evita la/le situazione/i che teme! Confermando a se stesso la credenza di essere incapace e che le emozioni di ansia e vergogna sono pericolose e solo negative. Pensieri negativi ed evitamento sono anche fattori che mantengono il disturbo! Tanta ansia è una faccia della medaglia, l’altra faccia della medaglia è il forte desiderio di trasmettere agli altri una buona immagine di sé, un’impressione favorevole si sé. Tuttavia, tale desiderio si accompagna all’autosvalutazione personale e questo comporta l’attribuzione quasi esclusiva a se stesso e alla propria inadeguatezza negli insuccessi sociali.

“Come riconosco se ho questo problema?”

Rispondendo a queste domande puoi farti un’idea. Quando sei con ad un appuntamento, o al telefono con persone che non conosci, o devi mangiare con altri, senti di provare una forte paura, che si manifesta anche a livello corporeo (tremore, sudore, mancanza di respiro, battito accellerato)? Hai timore di agir per paura di fare una brutta figura e di essere valutato negativamente da altre persone? Hai timore di essere giudicato negativamente se mostri segnali d’ansia? Riconosci che la tua paura è eccessiva in alcune circostanze ma non riesci a farvi fronte? Eviti spesso il contatto visivo? Eviti spesso le situazioni che pensi potrebbero farti sentire in ansia? La tua paura ti limita nello svolgimento di normali attività quotidiane e lavorative? Se hai risposto affermativamente a tutte le domande, è altamente probabile che si tratti di un problema di ansia sociale.

Essere consapevoli di avere una problematica è sempre un buon punto di partenza per trovare delle soluzioni!

Trattamento

Come capire se è il caso di chiedere aiuto ad uno psicologo? Quando le strategie che hai utilizzato per risolvere il problema di ansia non sono risultate efficaci. Se tale problematica ti sta limitando molto nella tua vita quotidiana, lavorativa e sociale. Purtroppo, solo la metà di persone che soffrono di questo problema richiede un trattamento, e generalmente lo inizia dopo (in media) 10 o 15 anni da quando è iniziato.

Alcune strategie per l’ansia sociale

Potete intanto provare alcune strategie per valutare l’entità del problema e provare a trovare piccole soluzioni in attesa di parlarne con lo psicologo.

Il diario

Tenete un diario per annotare tutte le situazioni che vi creano disagio e valutate se siete in grado di affrontarle, anche se vi è difficile, o se invece le evitate.

Alcuni pazienti annotano sul diario le situazioni evitate, che possono sembrare semplici da affrontare, come: chiedere per strada ad una persona un’informazione, riportare indietro nel negozio un oggetto difettoso dopo averlo acquistato, resistere ad un venditore insistente, chiedere in prestito un oggetto o un libro a un amico, reclamare per un servizio scadente al ristorante o in banca.

La costruzione di una gerarchia

Quando avete un elenco dettagliato di tutte le situazioni che vi creano disagio, ordinatele in una scala gerarchica, da quella meno a quella più ansiogena.

L’esposizione

Segue la fase di esposizione. Dovete gradualmente affrontare le situazioni ansiogene.

E’ importante sottolineare che i disturbi d’ansia sociale devono essere considerati a tutti gli effetti un fattore di rischio per l’insorgenza di un disturbo depressivo maggiore. Di conseguenza, intervenire precocemente su tale disturbo rappresenta anche un’opportunità di prevenzione all’insorgenza di disturbi depressivi maggiori.

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Dr.ssa Cinzia Frontoni

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